Privacy Policy Un’opera e la sua comunità: Norcia e la pala di Jacopo Siculo
Alessandra Vergari Vol. 10, n. 2 (2018) Arte

Un’opera e la sua comunità: Norcia e la pala di Jacopo Siculo

 Jacopo Siculo, Incoronazione della Vergine, 1541
1 Jacopo Siculo, Incoronazione della Vergine, 1541, foto Alinari degli inizi del novecento, che mostra la collocazione della pala d’altare nella chiesa conventuale della Santissima Annunziata a Norcia

 

Sono trascorsi due anni dalla scossa di terremoto più forte per intensità che negli ultimi trent’anni ha colpito l’Italia centrale, e le ferite nel cratere che coinvolge le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria sono tangibili ed evidenti, così come la memoria tragica e indicibile dei lutti: erano le 7:40 del 30 ottobre 2016 quando la terrà sprigionò la sua forza. Oltre ai danni visibili sugli edifici privati, pubblici e religiosi, è la certezza rassegnata che dovranno passare molti anni prima che sia completata la ricostruzione, a mettere a dura prova l’identità sociale, spirituale e culturale delle comunità colpite.
Questo articolo è dedicato a una testimonianza fra le più preziose del patrimonio nursino[1], uno dei “simboli” di questo terremoto, dopo la ferita aperta della Basilica di San Benedetto crollata: la pala d’altare raffigurante l’Incoronazione della Vergine, licenziata da Giacomo Santoro (Jacopo Siculo)[2] nel 1541 per la chiesa conventuale osservante della Santissima Annunziata[3][4], alla quale la popolazione tributa un profondo e secolare attaccamento devozionale e culturale.
Durante la crisi sismica, questo capolavoro ha suscitato una eco mediatica, anche nazionale, perché è stato oggetto di un felice intervento di recupero dall’Auditorium di San Francesco. La sera del 5 novembre 2016[5], gli operatori del nuclo SAF del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sotto l’alta sorveglianza del Soprintendente all’Archeologia alle Belle Arti e al Paesaggio dell’Umbria, Marica Mercalli, hanno smontato la poderosa macchina lignea, poi sollevata dal braccio telescopico di un’autogru e traslata attraverso lo squarcio aperto nel tetto dell’ex chiesa minorita, schiantato a terra[6]. Fondamentale, durante questa difficile e spettacolare operazione di recupero, è stato il contributo volontario offerto dalla ditta CooBeC di Spoleto, artefice dell’ultimo intervento di restauro dell’opera. In particolare, la consulenza esperta del capo restauratore Bruno Roberto Bruni, è stata decisiva nel gestire con efficacia le operazioni di disancoraggio della macchina lignea dalla parete absidale dell’ex chiesa di San Francesco. Per inciso, infatti, è stato proprio il telaio in ferro progettato nell’ultimo restauro, infisso con solidi bracci nel muro absidale, ad impedire uno schianto a terra della pesante pala lignea con conseguenze rovinose. Le due rubuste travi lignee collocate sopra la pala d’altare, inoltre, hanno retto all’urto della scossa sismica, impedendo che le macerie del tetto colpissero il capolavoro di Jacopo Siculo.

Crollo del tetto della chiesa di San Francesco a Norcia, pala dell'altare
2 La pala d’altare nell’Auditorium dell’ex chiesa di San Francesco a Norcia, dopo il crollo del tetto, avvenuto il 30 ottobre 2016.

 

Rispetto a conseguenze ben peggiori, l’esame conservativo della tavola ha evidenziato solo danni meccanici localizzati nella centina, dissestata per effetto delle sollecitazioni meccaniche prodotti dalla scossa tellurica. I cherubini ad intaglio sporgenti sulla centina in alto, si sono quasi tutti distaccati dal supporto rovinando a terra, ma sono stati recuperati in vista del loro risarcimento futuro. Danni minori si registrano nelle cornici alte delle paraste, mentre la tavola dipinta mostra solamente due graffi non estesi, anche se profondi.
Attualmente la pala d’altare è conservata presso il deposito attrezzato regionale per la conservazione, la manutenzione e il restauro del patrimonio culturale sgomberato dal cratere sismico, in località Santo Chiodo a Spoleto, ed il suo destino accompagnerà la speranza stessa della comunità di Norcia, ovvero quella di poterla presto salutare in una nuova collocazione pubblica.
Quella appena rammentata è solo l’ultima, controversa, vicenda conservativa che ha accompagnato la storia della monumentale Incoronazione della Vergine (448×262 cm. la tavola dipinta)[7]. Dopo la demaniazione post-unitaria e la trasformazione del convento francescano nella sede dell’Ospedale civile di Norcia, nel 1866, l’opera continuò a rimanere in situ fino al 1907, quando, per rispondere alla richiesta prestito per la “Mostra d’Antica Arte Umbra”[8], proveniente da Perugia, la tavola dipinta centrale fu improvvidamente smontata e separata dalla cornice, dalla predella e dai plinti. Salvo poi rinunciare alla spedizione, quando presero atto delle difficoltà logistiche e di allestimento nella sede espositiva di Palazzo dei Priori (Pinacoteca civica Vannucci), stante le sue dimensioni monumentali.
Dopo qualche tempo in cui rimase appoggiata sul pavimento della chiesa, la pala d’altare fu traslata nel  Palazzo Comunale ove rimase fino al 1952, quando l’incendio che distrusse il Teatro Civico rese inagibile l’attigua casa municipale. Ricoverata in deposito nell’ex chiesa della Misericordia, edificata con le pietre di risulta dai crolli del devastante terremoto del 1703 (oggi titolata a Santa Rita, crollata nel 2016), dopo i lavori di ripristino l’opera tornò ad essere esposta nella Sala del Consiglio Maggiore.
Il terremoto del 1979, determinò nel 1982 l’avvio delle operazioni di manutenzione e di restauro dell’opera presso il laboratorio della Coo.Be.C., diretto da Bruno Bruni, sotto l’alta sorveglianza di Giordana Benazzi della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici dell’Umbria, con il finanziamento della Comunità Montana della Valnerina e del Comune di Norcia[9]. Solo nel 2005, dopo un decennio di lavori e 25 anni di esilio, grazie all’impegno civile dell’Associazione culturale nursina “Una mostra, un restauro”, la pala fu collocata nell’Auditorium di San Francesco[10]. Il restauro non fu mai pubblicato in sede scientifica, nonostante sia stato una preziosa opportunità per conoscere la complessità del capolavoro di Jacopo Siculo.

5/11/2016, i Vigili del Fuoco recuperano la pala d'altare di Jacopo Siculo a Norcia
3 Operazioni di recupero della pala d’altare condotte dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco il 5 novembre 2016

 

Sotto la tavola centrale è associata una predella suddivisa in tre pannelli raffiguranti san Gerolamo penitente, Cristo in pietà con la Vergine e san Giovanni evangelista, le Stimmate di san Francesco e, rispettivamente all’estrema sinistra e destra, l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata. Tra queste ultime due era interposto un paliotto in legno scolpito e dorato, costituito da due assi in legno di noce dalle fibre compatte con andamento orizzontale e da una cornice della stessa essenza legnosa. La cornice dorata è formata da una centina curvilinea che corona il dipinto e due massicce colonne semiesagonali su cui la stessa poggia. La preziosa indagine diagnostica radiografica, ha permesso ai restauratori di studiare meglio l’assemblaggio e la meccanica delle parti costitutive, in particolare della tavola centrale, formata da otto assi verticali in essenza di pioppo larghie 20 centimetri, interconnesse da robusti cavicchi (pioli) lignei inseriti nello spessore e fissati con colla animale. Per regolarizzare le imperfezioni del legno, sul fronte furono applicati inserti ospitati in scassi sagomati e ancorati con chiodi lignei (ben visibili nel retro).
Il restauro ha riscarcito il supporto e la carpentera del dipinto dai danni subiti durante la sua storia travagliata. Già in un precedente intervento di manutenzione, infatti, condotto da Luigi Bartolucci nel 1910, furono saturate le divaricazioni tra alcune assi con stucco debordante, poi reintegrato. La Coo.Be.C. ha sanato queste lacerazioni applicando inserti di pioppo, per ripristinare la funzionalità meccanica delle traverse.
Lo studio della tecnica e dei pigmenti costituenti la pellicola pittorica ha messo in luce la ricchezza e la raffinatezza di questa commissione francescana: dopo la preparazione di gesso e colla, Jacopo Siculo ha steso un sottile film resinoso, seguito da un terzo strato di grigiastro composto da un legante oleoresinoso, bianco di piombo e nero carbone che funge da base per la stesura dei colori. Le analisi chimiche hanno evidenziato una profusione di materiali e pigmenti preziosi in legante oleoso: azzurriti, lapislazzuli, cinabri, verdi, e la doratura e stesa su bolo rosso in fogli preparati con grande delicatezza e magistero.
Anche sulla superfice dipinta, naturalmente, erano visibili i segni del tempo al momento del restauro, in particolare, emergeva una lunga crettatura con solchi dovuta al ritiro del legante ed a uno scivolamento del colore, insieme a sollevamenti e raggrinzimenti lungo i bordi delle assi. Numerose le tracce di fori praticati per applicare gli ex voto di cui la grande tavola era costellata, e consueti erano gli strati sovrapposti di vernici alterate e ingiallite, oltre al coriaceo deposito di polvere e sporco che ne offuscava la cromia originale[11].
Situazioni conservative similari le presentava anche la predella, formata da cinque parti ciascuna delle quali al momento del restauro autonoma per lo smembramento, e per la diversa destinazione espositiva che ne ha privilegiato l’aspetto di singole immagini.
Gli elementi laterali sono composti da tre tavolette di legno di pioppo, rifinite ad ascia e collegate tra loro con chiodi di ferro. La modanatura, sia inferiore che superiore, è stata preparata in gesso di Bologna, bolo e dorata. Lo stato di conservazione generale è discreto, tranne nell’ultima tavoletta dove vi una lunatura lungo l’asse centrale e alcune lacune stuccate[12].
A restauro ultimato di tutte le parti, si proceduto al loro riassemblaggio, ricostruendo la più grande macchina d’altare rinascimentale dell’Umbria ed una delle più importanti per valore storico-artistico. Probabilmente, sarà lo stesso deposito attrezzato di Spoleto ad ospitare i lavori di restauro dell’opera, ed anche questa volta, il recupero dell’Incoronazione della Vergine di Jacopo Siculo, testimonierà un significativo gesto di ulteriore speranza per la comunità nursina.

 

[1] Cfr. Giovanna Sapori, La pala di Norcia nel percorso di Jacopo Siculo, in Jacopo Siculo, l’Incoronazione di Norcia, a cura di Giordana Benazzi, Roma 1984, pp. 14-22. Sul pittore si veda il recente volume di Monica Paggetta, Jacopo Siculo nella Chiesa della Madonna di Loreto a Spoleto, Bertoni editore, Perugia, 2017. In precedenza: Antonino Giuseppe Marchese, Giacomo Santoro da Giuliana detto Jacopo Siculo: pittore del sec. XVI, ILA Palma,  Palermo, 1998.

[2] Giacomo Santoro nasce nel borgo fortificato di Giuliana (Palermo) intorno al 1490, in giovane età si trasferisce a Roma assumendo lo pseudonimo di Jacobus Siculus. Intorno al 1520 installa la sua bottega tra Rieti e Spoleto, ottenendo grande consenso di committenza per le sue opere. Muore a Rieti nel 1544.

[3] Commissionata nel 1539, è firmata e datata in un cartiglio in basso a destra: “Anno Domini Nostri Iesu Christi Millesimo / Quingentesimo quadragesimo primo / Die vero vigesima Martii / Jacobus Siculus faciebat”.

[4] l Convento fu fondato con breve di Eugenio IV del 1442, risponendo a una richiesta del Comune di Norcia. Nel 1506 la sede conventuale fu trasferita a ridosso della città. I frati sservanti lo abitarono fino al 1604, quando passò alla comunità dei frati riformati.

[5] Il video dell’operazione è visibile online in: https://video.repubblica.it/dossier/terremoto-30-ottobre/norcia-l-incredibile-salvataggio-della-pala-d-altare-di-jacopo-siculo/258180/258461

[6] Un video che mostra l’Auditorium con la pala in situ è online in: https://www.youtube.com/watch?time_continue=29&v=Uj3cOauhjoA

[7] Considerando poi la cornice raggiunge le dimensioni di 652×416 cm.

[8] Su questa mostra il recente volume di Cristina Galassi, Tutta l’Umbria una mostra: la mostra del 1907 e l’arte umbra tra Medioevo e Rinascimento, catalogo della mostra (Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia), Silvana editoriale, Cinisello Balsamo, 2018.

[9] I primi risultati sono stati presentati due anni dopo in occasione della prima mostra della serie “Restauri a Spoleto”, tenutasi dal 30 giugno al 29 luglio 1984 nell’ex chiesa di Sant’Agata. Il catalogo è Jacopo Siculo, l’Incoronazione di Norcia, a cura di Giordana Benazzi, Roma, 1984.

[10] Nel 2013 l’Amministrazione comunale di Norcia propose di traferirla nella Basilica di San Benedetto, ma le associazioni “Una mostra, un restauro” e “Italia Nostra”, le quali promossero una partecipata petizione popolare, scongiurarono questo progetto, osservando che la maggiore frequentazione del santuario avrebbe esposto il dipinto ai rischi ambientali connessi al fumo delle delle candele e dell’incenso.

[11] Esso è stato eliminato tramite la pulitura con una miscela solvente di amile acetato e dimetilformammide in proporzione 1:1 applicata con tempi e metodi differenti a seconda dell’entità delle stratificazioni. Ad essa è seguito il fissaggio degli strati preparatori mediante infiltrazione di resina acrilica Primal AC33 in emulsione. La reintegrazione della pellicola pittorica è stata stata fatta con colori ad acquerello Winsor & Newton. Infine la verniciatura protettiva con vernice da ritocco Lefranc & Bourgeois. Per quanto riguarda la cornice presentava un stato generale di conservazione discreto con alcune fenditure, mancanze e spessa sedimentazione di polveri e altri materiali. Questi sono stati asportati, la doratura è stata pulita con sostanze leggermente basiche e ripristinata con applicazione di bolo e foglia d’oro; sono state poi smontate e riapplicate le parti strutturali pericolanti, il supporto è stato risanato e gli elementi mancanti sono stati realizzati con la stessa essenza legnosa. Infine è stata effettuata la stuccatura con gesso di Bologna e colla animale e la reintegrazione con colori ad acquerello Winsor & Newton. Verniciatura finale.

[12] La tecnica d’esecuzione è la medesima della tavola, pittura ad olio stesa su tre strati preparatori  rispettivamente di gesso e colla, resina e la base grigiastra per i colori costituita da bianco di piombo e nero di carbone. Vi si ritrovano gli stessi pigmenti pregiati e le finiture con oro applicato su colla e doratura a foglia su bolo rosso nelle cornici. Sono state riscontrate una crettatura con dei sollevamenti di colore e piccole perdite. Pertanto si è proceduto allo smontaggio e riapplicazione delle parti strutturali danneggiate ed alla ricostruzione integrale di parti delle cornici modanate col medesimo legno di pioppo. A ciò ha fatto seguito l’intervento sulla pellicola pittorica: rimozione dei depositi di cera con solvente a base di cloruro, pulitura per asportare le sovrammissioni con la stessa miscela utilizzata per l’ancona  ed applicata con metodi e tempi differenziati a seconda dell’entità delle stratificazioni. È stata poi pulita anche la doratura con un solvente leggermente basico. Dopodiché è stata la volta del fissaggio degli strati preparatori tramite l’infiltrazione di resina acrilica in emulsione Primal AC33. La reintegrazione del film pittorico è stata effettuata con colori ad acquerello Winsor & Newton e la verniciatura finale con vernice da ritocco Lefranc & Bourgeois.

 

Alessandra Vergari, nata e residente a Norcia, è dottore magistrale in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Perugia, ed è Specializzata in Beni Storico-Artistici presso l’Università degli Studi di Siena. Dal 2015 è operatrice museale dell’Associazione Progetto Arte di Norcia e, attualmente, dopo il sisma, lavora al progetto di riordino dell’Archivio di Deposito del Comune di Norcia (Archivio di Stato di Spoleto). È autrice di Le Madonne col Bambino in grembo di tipo aquilano nella scultura rinascimentale dell’Umbria meridionale (Fabrizio Fabbri, Perugia, 2017), volume della collana dedicata alla pubblicazione delle tesi di laurea in storia e conservazione del patrimonio culturale umbro, premiate annualmente dalla Fondazione Cassa Risparmio di Perugia.

 

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