Privacy Policy Stranieri in patria – 1° Mario Consiglio
Autori Mara Predicatori Vol. 13, n. 1 (2021) Arte

Stranieri in patria – 1° Mario Consiglio

 

Il cambiamento è duro all’inizio,
incasinato nel mezzo e glorioso alla fine.
Robin Sharma

 

Mi piacerebbe cavalcare un’intuizione e avviare una rubrica su quegli artisti che, a mio modestissimo parere, pur operando nel contesto umbro da tempo, se ne discostano parzialmente.

Sono 20 anni ormai che opero come storica e curatrice d’arte nel contesto umbro. Insegno anche da tempo all’Accademia di Belle Arti di Perugia e conosco sufficientemente la maggior parte degli artisti che operano nella nostra regione per intuire rapporti, filiazioni, discendenze e contaminazioni.

L’immersione nella realtà locale mi ha ovviamente spesso spinta a chiedermi cosa questa terra “di Santi e lupi”, di eremi e paesaggi verdi, di confini di terra -senza vista mare- sedimentasse nella mente e nel cuore dell’ “artista umbro” per nascita o per scelta. Sebbene sia certamente piuttosto pretestuoso il tentativo di ridurre a una logica regionale la questione artistica, questa riflessione mi sembra alquanto pertinente all’interno della rivista “Studi Umbri”. Vi illustro pertanto rapidamente alcune considerazioni personali sull’arte contemporanea locale forzando un po’ la mano per enfatizzare le aree di differenziazione potenziali tra i diversi operatori.

Ritratto [(in)esatto] dell’artista umbro
Pensando in astratto ad artisti “umbri” contemporanei, o ad una giammai formalizzata “scuola umbra”, mi viene da annoverare, come caratteristica diffusa e comune, la grande complessità esecutiva. Una complessità figlia, talvolta, di ricercatezze formali; tal’altra, di sofisticati impianti intellettuali.
All’accuratezza formale, qualche volta dissimulata ma in realtà quasi sempre presente, si abbina spesso lo studio di formule atemporali, assolute, capaci di parlare più di universali e archetipi metastorici che delle tensioni del presente.
A livello antropologico – e mi includo del tutto nella casistica da vera umbra doc – l’artista e il pensatore umbro, di necessità (data la morfologia del territorio) o per scelta (perché ad un certo punto la luce dei tramonti ti fa mistico), è spesso solitario, chiuso, poco avvezzo al gruppo di ricerca e alla condivisione.
E il suo lavoro, davvero raramente, si carica di ironia e autoironia.

Ribaltamenti
Ecco, ho pensato di spiazzarvi e dedicare la rubrica a chi, pur essendo umbro di nascita o adozione, è straniero in patria e – integrato o isolato – ha un’opera che non può essere descritta totalmente secondo le direttrici sopra riportate.

Perché? Perché, la rivista “Studi Umbri” offre già con la sua copertina una pluralità di contribuiti di qualità sugli artisti umbri ed io, pur amandoli e sostenendoli nel mio lavoro, avrei il piacere di offrire un punto di vista differente. Una specie di virus benefico che stimoli gli anticorpi del nostro sistema artistico aprendolo a considerazioni sulle plurime potenzialità artistiche presenti attualmente in Umbria.

Il primo nome: Mario Consiglio

MARIO CONSIGLIO

Nota biografica
Mario non è propriamente umbro, ma qui vive e circola nel sistema artistico da anni. Nato a Maglie, in Puglia, si trasferisce in un primo momento a Cortona (AR), poi a Brufa (PG). Studia ad Urbino e ha una importante parentesi berlinese che lo porta nel 2007 a virare completamente il suo linguaggio artistico. E’ accademico di merito dell’Accademia di Belle Arti di Perugia e lo possiamo di certo annoverare tra gli artisti “umbri” più noti.

Conosciuto non solo perché la sua opera è di qualità e ha avuto ampia circuitazione (in Italia e all’estero), ma perché si distingue proprio per il suo spirito aperto e dialogico che lo porta a frequentare gli ambienti artistici. Amante dell’arte e, cosa veramente rara, non solo della propria, colleziona i lavori degli altri colleghi e opera sempre per scambio-opere. Lo vedi ai vernissage e negli studi degli artisti. Fa da motivatore agli altri. Lavora in modo indefesso per sé.

Attitudini
E’ curioso Mario, vitale, sempre attento a ciò che lo circonda. Non ha il piglio meditabondo degli umbri vocati, ma lo sguardo vivido di chi sa cogliere le cose al volo con sagacia e si diverte a trovare le smagliature e contraddizioni nelle cose in cui si imbatte.
Insomma, rispetto al tratto peculiare dell’artista umbro, Mario, nello stile di vita e nell’arte, si fa invadere dalle contingenze. Lui non va per assoluti e per ricerche formali pure (almeno non più), ma si cala nel suo presente, nel contesto in cui si trova ad operare e ne legge le contraddizioni, le lavora con ironia e sarcasmo punk e ce le restituisce con intelligenza graffiante e talvolta con una sorta di poesia disillusa.
Ma guardiamo da vicino l’ultima produzione di Mario, soprattutto quella che va dal 2007 ad oggi circa.

 

Un dadaista punk quasi classico
Con indole dadaista, Mario rielabora e ricontestualizza icone, parole, personaggi, simboli, rimestando idee e atteggiamenti anarchico-dissacratori in opere che confondono cultura alta e bassa. La citazione colta viene così rimpastata con modi di dire e allusioni alla cultura contemporanea, destabilizzando il senso della tradizione e dei valori che vorrebbe tramandarci in un nichilismo attivo che ricorda la capacità di potenza del Superuomo di Nietzsche.
Nelle sue opere le categorie del Tempo sono annullate. Nel grande minestrone esistenziale la logica stringente non è più efficace. Ha luogo solo l’intuizione sardonica della nostra finitezza un poco ridicola. Ma senza rassegnazione. Mario costruisce e si diverte a farlo. Sisifo che usa la sua fatica come palestra per allenarsi e aver cara la vita.

Se prima del 2007 la sua opera era più vicina ai linguaggi Pop e usava la tecnologia più avanzata per costruire opere di una estetica limpida e ipercontrollata…

 

 

…ora Mario è meno interessato alla natura dei materiali. Usa l’objet trouvé rettificato, termine che designa un oggetto naturale o un manufatto di uso comune, trovato dall’artista e modificato in qualche sua parte ed esposto come opera d’arte. Acquista quindi animali già prodotti da qualche rivenditore, li rompe, vi introduce dentro elementi. Ci spiazza creando una sorta di fanta-mondo in cui l’animalità ancestrale e primitiva sembra palesarsi nella sua intima fattezza. Ma quale? Impalcature naturali o artificiali? Micro o macro mondi? Abbiamo tutto in pugno, o tutto ci sfugge?
Come nella cultura punk, mescola i linguaggi usando mezzi a basso costo e tecniche “improvvisate”. Scotch, colature di vernice, collage di carte, legni e altro diventano elementi di assemblaggio e modificazione.
Tutto sempre in bilico: non si sa mai realmente se Consiglio distrugga o stia in realtà edificando qualcosa di nuovo. E in questa tensione, filo teso tra il potenziale nulla e il potenziale altro, risiede a mio modo di vedere la potenza di questi lavori che, peraltro, mantengono nel loro apparente brutalismo un equilibrio oserei dire quasi classico.

 

 

Artisti del proprio tempo
Il lavoro attuale di Mario Consiglio, dietro quell’allure antagonista, è a mio modo di vedere, in realtà, una colta e consapevole operazione dadaista figlia di un tempo di crisi. Mario conosce il mondo dell’arte, sia in termini culturali sia in termini esistenziali. E’ osmotico ad esso. Ha usato un linguaggio Pop, laccato, industrializzato nel momento del boom economico e dello sviluppo delle nuove tecnologie. Ha impiegato mezzi poveri con modalità graffianti in tempo di crisi. Mario è figlio del suo tempo. La sua opera diventa un testimone e qualcosa di più. La sua vita si fa arte vivendo d’arte nel suo tempo, e non è poco, anche questo.

 

Non di sola bellezza è fatta la salvezza
L’opera di Consiglio, sebbene io gli riconosca formalmente un equilibrio classico in quel raggelare la contraddizione in immagini centrate ed esatte, non si può definire propriamente bella. Ma l’arte deve essere necessariamente bella?
Non vi nascondo che la frase (ab)usatissima “la bellezza salverà il mondo” è per me troppo spesso usata in modo semplificatore da chi parla d’arte senza conoscerla nelle sue più intime contraddizioni storiche e sociali. La bellezza non è necessariamente pertinenza dell’arte. Anzi. L’arte nella storia, soprattutto a partire dal ‘900, ha inoculato il dubbio, la bruttezza, la precarietà per decifrare un presente fatto di guerre mondiali, fredde e altre storture. L’arte è tutto ciò che chiamiamo arte quando non sappiamo che altro nome dare a ciò che abbiamo davanti, dichiara Dino Formaggio. Spesso, proprio fuori dalla scontata e rassicurante definizione di bello si trova l’arte di oggi.

 

 

Lo so. Con queste affermazioni non sono affatto “umbra” neanche io. Ma sarà che nella bellezza ci vivo e, sebbene mi senta fortunata di questo, non penso di essere più vicina alla salvezza di altri. Come Consiglio, mi sento immersa nelle contraddizioni. Non so dove mettere mano quando spiego ai ragazzi dell’accademia il presente e l’arte. Non ho certezze, né nel bello, né in altre forme di assoluti. Per la salvezza, posto che da qualche parte ci sia, francamente, penso ci voglia un salto oltre l’orizzonte, oltre le colline placide e rassicuranti che ci cullano, oltre il solipsismo estatico. Bisogna aver il coraggio di stare nel mondo, nelle sue antinomie, stare come un Giano bifronte a guardare il passato per capire il presente. Non guadagneremo forse l’eternità, probabilmente non faremo i soldi e continueremo a somatizzare le nostre crisi. Ma se chiedi a Mario: cos’ hai ottenuto a cambiar stile e rotta? Lui con un sorriso a 32 denti dice: “sono libero e io mi diverto!”.

Beh, anche io.

Mara Predicatori, curatrice e pedagogista, in seguito a studi artistici e psicologico/pedagogici intraprende attività sia di promozione e curatela mostra, sia di formazione per una ampio spettro di pubblici. Dal 2003 ad oggi ha ricoperto ruoli di curatela presso il Trevi Flash Art Museum of International Contemporary Art (oggi chiamato Palazzo Lucarini Contemporary Art Center) assolvendo anche al ruolo di responsabile delle attività didattiche. Insegnante di scuola primaria, è anche docente di Pedagogia e Didattica dell’Arte e di Didattica dei Linguaggi artistici presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Contemporaneamente ha svolto e svolge attività di consulente per istituzioni, pubbliche e private, sui temi della didattica dei linguaggi artistici e didattica museale. Ha progettato e condotto corsi e master di alta formazione per esperti in didattica dell’arte e del territorio per la Regione Umbria ed è stata ed è referente, di progetti comunitari di scambio formativo e di promozione artistica (LLP Grundtvig ed Erasmus+). Porta avanti una riflessione puntuale sulle pratiche artistico/didattiche di più marcato impegno sociale e per una valorizzazione del territorio che passi attraverso pratiche non convenzionali legate ai linguaggi artistici contemporanei (#Chiaveumbra, narrazioni d’arte contemporanea dai paesaggi olivati dell’Umbria).

 

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