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Paolo Nardon Vol. 13, n. 2 (2021) Arte Senza categoria

Lo spazio segreto della pittura

Marino Ficola

Questione d’estasi, trovarsi lontani nell’altrove.
Lo spazio immobile è appena in equilibrio quaggiù,
senza più me, né sogni, né consapevolezza.

Tanti se, nel senso di domande che si fanno luoghi.
Tante assenze necessarie. Non più corpi o pensieri.
E gli occhi aspettano di là. Dalla parte di noi?
No dalla parte degli altri…

Allora: vediamo gli occhi dell’immaginazione,
sorpresi di non veder niente.
Nell’invisibile non c’è posto per i mistici a parole
e nemmeno per le visioni.
Lì non c’è niente da vedere o sentire.

Qui si è il più lontano possibile da tutti,
per ricongiungerci all’assente, dovremmo impietrire:
farci sasso per rendere sacra la conoscenza del senza carne.

Illusi e smarriti, a forza di cercare, qualcuno si affida a Dio,
altri all’arte, eppure c’è un solo luogo dove tutto si sacra. (Si fa sacro)

“Aria, aerea forma, vibrazione sottile,
dilatazione, contrazione, sconfitta
imperano, nello spazio oltre a noi,
il colore nella noia si stinge,
s’illumina di albe e tramonti,
poi, senza peso né memoria rifluisce.”

Illusi di colmare vuoti hanno eretto monoliti immensi
o scavato voragini. Ambito a cieli troppo azzurri per essere veri
o al centro bollente dell’inattingibile fonte.
Babele o Utopia, sempre naufraghi nel deserto o nell’oceano.

Spesso cercando requie nell’armonia, senza capire che soltanto
il segreto della dissonanza potrebbe riconciliarli col silenzio.
Così, solo i più vigili si perdono nella vaga nebbia dell’eterna approssimazione
alla verità, le vite degli altri invece, sono tutte pervase
di risate chiocce e dolori senza nome né origine.
Somme sbagliate di ricordi e immaginazioni.
Addizioni da cui risultano bagliori di tempo trasformato in luce,
come una lenta clessidra che non scorre, ma lievitando indecisa diventa sole.

I pensieri infatti non amano l’invisibile per colpa della luce.
Non certo della notte che fermenta il buio di entità sfuggenti e maldestre.
Eppure il pensiero, come una nuvola troppo chiara e densa
continua a spandersi per le menti,
finché il vento sconosciuto della beatitudine
nel suo soffiare li rende nebbia per poi disperderli.

Quel svanire è vera pace: una preghiera di felicità
Perché il sacro del vento non è la libertà, ma il niente:
lontananza che s’appressa sfiorando il pittore col suo soffio.

Paolo Nardon

 

Paolo Nardon, nato a Narni (TR) 13/11/1963, ha frequentato il D.A.M.S. a Bologna e successivamente ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento della Storia dell’Arte agli Stranieri, presso l’Università per Stranieri di Perugia. Dal 1997 ha tenuto vari corsi all’Accademia di Belle Arti ‘PietroVannucci’ di Perugia, tra i quali: Storia dello spettacolo, Antropologia dell’arte, Economia e mercato dell’arte. Nel corso  degli anni ha svolto intensa attività di critico.Dal 1993 al 1998 è stato curatore del Trevi Flash Art Museum; sempre a partire dal 1993 ha curato la realizzazione di numerose mostre in Italia e all’estero. Ha all’attivo numerosi saggi, articoli, recensioni, testi critici e anche un romanzo. Dal 2013 è Accademico d’onore della Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia.

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