Privacy Policy Nel legno di un burattino
Extra Serie Alberto Massarelli Letture

Nel legno di un burattino

Perché nel legno di un burattino? Perché credo che sia lì che bisogni frugare per capire il mistero del successo della storia di Pinocchio. “Una bambinata”, la definì Collodi che nel 1881 era un affermato giornalista e autore di storie educative per ragazzi. Accompagnò le prime cartelle della storia scrivendo al redattore capo del Giornale dei Ragazzi, Guido Biagi, “Fanne quel che ti pare, ma se la stampi pagamela bene per farmi venir voglia di seguitarla”. Anche dopo l’edizione in volume, Collodi non attribuì nessuna importanza al suo scritto.

Oggi la storia di Pinocchio fa parte dei classici della letteratura per ragazzi, è stata tradotta in 260 tra lingue e dialetti, ha ispirato opere d’arte di ogni genere, è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Nella sola Germania ha surclassato Alice nel paese delle meraviglie, che vi arrivò con quarant’anni anni di anticipo, con 45 pubblicazioni contro 33.

Quando un fatto del genere accade, quando l’opera assume valore universale, è perché riporta dei temi universali, un po’ come capita ai motivi presenti nelle grandi religioni e nei miti. Ma come può essere che questo accada per un’opera che sa di datato, che risuona di provincia toscana dell’Ottocento e che soprattutto pone a modello di crescita la figura di un ragazzino perbene oggi francamente desueta?

Ho lavorato intorno a un’ipotesi: che la storia immaginata da Collodi contenga dei motivi archetipici che, disposti in una certa sequenza, ne determinano il valore universale.

In certi casi, come avviene a volte nel sogno, la fantasia riporta immagini che non provengono dall’esperienza dell’Io, ma da un substrato più endopsichico, da quello che Jung definisce Inconscio Collettivo.

Affiorando da questo substrato comune a tutti gli uomini, le immagini si dispongono secondo schemi prefigurati in sequenza a costituire una storia.

È come se dei contenuti psichici già esistenti ma non pensabili, assumano una forma nell’immagine. Così contenuti archetipici relativi al funzionamento della psiche stessa, si oggettivano costituendo quei motivi che ritroviamo poi nella storia del Sacro e nelle storie del Mito.

Perché le immagini di una fantasia appartengano a questo caso, occorre però che siano comparabili a quelle di Miti già esistenti, che si presentino cioè nello stesso contesto di significato.

A favore dell’ipotesi che la storia di Pinocchio si sia costituita con un meccanismo di questo tipo ci sono due fatti.

I biografi di Collodi sembrano concordare sul fatto che la stesura dell’opera sia avvenuta per caso, che le immagini che la costituiscono siano cioè affiorate senza uno scopo voluto.

Purtroppo la mancanza di un’autobiografia di Collodi non consente una conferma sicura né motiva la cosa.

Inoltre la perdita del manoscritto originale non permette che ipotesi interpretative del testo. Dell’originale restano due fogli relativi al finale, da cui si vede che il testo all’origine era più vasto.

Un’ulteriore conferma all’ipotesi che la fantasia sia sgorgata con un pensiero di tipo simbolico e mitologico, e che per questo riporti motivi universali, è costituita dal fatto che poco tempo prima Collodi era stato traduttore delle fiabe di Perrault, come la Bella addormentata, Cappuccetto Rosso, Barbablù: si era quindi a lungo confrontato con le modalità del pensiero simbolico e mitologico da cui certe fiabe provengono.

Nulla esclude che ad un tratto gli venisse l’impulso di buttar giù una storia, senza altra finalità che di esprimere qualcosa. Un po’ come capitò ad Alfieri che nell’Autobiografia racconta un’esperienza del genere.

Insomma, come disse Tabucchi nel 1981, “si tratta dell’opera geniale di uno scrittore che nulla sapeva della propria genialità.”

La storia di Pinocchio si divide in tre momenti:

Inizia con un pezzo di legno da cui è ricavato un burattino. Da questo, dopo una serie di avventure, origina un ragazzino. (Sembra che il perbene l’aggiungesse l’Editore. Collodi dichiarò di non aver mai scritto una cosa del genere.)

Quindi tre momenti in cui si muovono tre personaggi diversi. Cos’è che dà loro continuità? Un elemento sottaciuto ma presente in tutta la storia, anzi il vero protagonista, se la storia viene letta con il criterio della Psicologia Analitica Junghiana.

Questo elemento è la vitalità che anima i tre personaggi, la Zoé, per dirla all’antica, quella forza che anima l’uomo. È forse la sua presenza, esposta in termini simbolici nel testo, a rendere attuale la storia, perché il motivo di questa forza è un mistero ancora irrisolto, è un significato che la mente dell’uomo non ha ancora capito.

Ora proverò a illustrare l’ipotesi di lettura con una premessa: toccherò alcuni punti e tralascerò punti e personaggi molto importanti. Questo per motivi di tempo e per altri motivi che accennerò più avanti.

La storia si apre con un pezzo di legno, un semplice pezzo di legno che, come dice Manganelli in Pinocchio, un testo parallelo, semplice non è.

“Capita” innanzi tutto nella bottega di un falegname, Maestro Ciliegia, e si differenzia dagli altri pezzi di catasta destinati a far fuoco nei caminetti in quanto è animato, ha cioè Voce e Movimento.

La psiche umana procede per analogia, proietta un suo contenuto all’esterno e questo contenuto, ora che si è oggettivato, richiama l’attenzione dell’uomo esercitando un effetto di fascinazione archetipica.

In un giorno lontano il principio di vitalità insito nella